In Europa è boom di snack per l’infanzia: il 29% dei bambini sotto i cinque anni ne consuma regolarmente
- piscitellidaniel
- 24 giu
- Tempo di lettura: 3 min
In Europa si assiste a un’esplosione nel consumo di snack industriali destinati all’infanzia, un fenomeno che sta sollevando interrogativi su salute, educazione alimentare e responsabilità dell’industria. Secondo gli ultimi dati raccolti da osservatori nutrizionali europei, il 29% dei bambini sotto i cinque anni consuma snack confezionati in maniera regolare, ovvero più volte alla settimana, se non quotidianamente. Il fenomeno coinvolge tutti i principali Paesi dell’Unione, con punte superiori al 35% nei contesti urbani del Nord Europa e una diffusione crescente anche nell’area mediterranea.
Gli snack per bambini comprendono un’ampia gamma di prodotti, dai biscotti e le merendine dolci, alle patatine e ai bastoncini salati, fino a prodotti “ibridi” come barrette con cereali e yogurt aromatizzati. L’offerta è spesso presentata come adatta all’infanzia, con packaging colorati, personaggi dei cartoni e claim nutrizionali rassicuranti. Tuttavia, molti di questi prodotti presentano un profilo nutrizionale discutibile, con un alto contenuto di zuccheri semplici, grassi saturi e sale, elementi poco compatibili con un’alimentazione equilibrata in età prescolare.
Le abitudini alimentari si formano nei primi anni di vita e influenzano in modo determinante la salute a lungo termine. Il ricorso precoce e sistematico a prodotti ad alta densità calorica ma poveri di micronutrienti essenziali è associato a un aumento del rischio di sovrappeso, carie dentale, disturbi del metabolismo e abitudini alimentari scorrette che tendono a cristallizzarsi nel tempo. Le autorità sanitarie europee, compresa l’Organizzazione Mondiale della Sanità, raccomandano un’alimentazione infantile basata su alimenti freschi, non trasformati, con una preferenza per frutta, verdura, cereali integrali e proteine magre.
Il boom degli snack industriali per bambini è alimentato da diversi fattori. Il primo è di tipo socioeconomico: la crescente diffusione di modelli familiari a doppio reddito, la diminuzione del tempo disponibile per la preparazione dei pasti, la maggiore urbanizzazione e la diffusione della vita fuori casa spingono verso soluzioni pronte al consumo. In secondo luogo, il marketing aggressivo dell’industria alimentare svolge un ruolo determinante nel condizionare le scelte dei genitori e nell’attrarre direttamente l’attenzione dei bambini.
La spesa per snack destinati all’infanzia è in forte aumento. I dati raccolti tra il 2022 e il 2024 indicano un incremento del 14% delle vendite in volume e del 19% in valore nel mercato europeo, con punte di crescita superiore al 25% in Germania e nei Paesi Bassi. Anche in Italia il fenomeno è in espansione: si stima che un bambino italiano su quattro sotto i cinque anni consumi snack dolci confezionati almeno tre volte a settimana. In alcune fasce urbane, questa percentuale supera il 30%.
Il fenomeno sta attirando l’attenzione dei regolatori. A Bruxelles si discute da tempo la possibilità di introdurre un sistema di etichettatura nutrizionale semplificata obbligatoria, come il Nutri-Score, che potrebbe contribuire a indirizzare le scelte dei consumatori verso prodotti più salutari. Tuttavia, l’introduzione di norme stringenti incontra la resistenza di alcuni produttori e di Paesi membri che temono ripercussioni economiche su interi comparti produttivi. Alcuni Stati, come Francia e Spagna, stanno valutando misure autonome, tra cui il divieto di pubblicità di alimenti ad alto contenuto di zucchero rivolti ai minori di 13 anni.
Nel frattempo, alcune aziende stanno cercando di adeguarsi al mutato contesto, lanciando sul mercato prodotti con profili nutrizionali migliorati, porzioni più piccole, minori contenuti di zuccheri e grassi e una maggiore presenza di fibre. Tuttavia, la credibilità di queste operazioni è spesso contestata dalle associazioni dei consumatori, che lamentano pratiche di “greenwashing nutrizionale”, ovvero operazioni di marketing finalizzate a costruire un’immagine salutista senza reali cambiamenti nelle ricette dei prodotti.
Sul fronte delle famiglie, emerge un’esigenza crescente di orientamento. Molti genitori si dichiarano confusi di fronte alla molteplicità di proposte presenti sugli scaffali e lamentano la difficoltà nel decifrare le etichette. Le iniziative di educazione alimentare promosse da scuole, pediatri e istituzioni pubbliche sono ancora troppo sporadiche e disomogenee. Alcuni progetti pilota condotti nei Paesi nordici mostrano che l’informazione precoce e mirata alle famiglie può ridurre in modo significativo il consumo di snack non salutari e promuovere stili di vita più sani.
Anche il contesto culturale gioca un ruolo importante. In molte aree d’Europa la cultura del cibo fatto in casa, del pasto condiviso e della preparazione dei cibi freschi sta perdendo terreno a favore di una logica consumistica e standardizzata. Il modello alimentare mediterraneo, un tempo indicato come esempio virtuoso per l’infanzia, è oggi sotto attacco anche nei Paesi in cui ha avuto origine, travolto da ritmi frenetici e modelli di consumo globalizzati.
I dati più recenti dimostrano che intervenire è ancora possibile. In alcune realtà locali dove sono stati attivati programmi integrati tra scuola, sanità e comunità, il consumo di snack tra i bambini sotto i cinque anni è diminuito del 15% in due anni. Il modello multilivello, che combina educazione, regolazione del mercato, responsabilizzazione dell’industria e sostegno alle famiglie, sembra essere il più efficace. Tuttavia, il suo successo dipende dalla volontà politica, dalla coerenza delle azioni e da un investimento strategico nel benessere delle nuove generazioni.
コメント