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Il missile ipersonico Fattah-1 cambia gli equilibri mediorientali: la nuova arma dell’Iran può colpire Tel Aviv in sei minuti

Il programma missilistico iraniano ha compiuto un salto qualitativo con lo sviluppo del Fattah-1, il primo missile ipersonico prodotto dalla Repubblica Islamica, in grado – secondo le autorità di Teheran – di colpire bersagli come Tel Aviv in soli sei minuti. La presentazione ufficiale è avvenuta nel 2023, ma nelle ultime settimane l’arma è tornata al centro dell’attenzione dopo che fonti iraniane hanno confermato l’impiego operativo del Fattah in almeno una delle recenti azioni missilistiche verso Israele. Si tratta di un’evoluzione significativa dell’arsenale balistico iraniano, che rischia di alterare in maniera strutturale la sicurezza regionale e le capacità di deterrenza del sistema difensivo israeliano.


Il Fattah-1 è un missile balistico ipersonico a combustibile solido, dotato di una testata montata su un veicolo di rientro manovrabile (MaRV), il che lo rende capace di correggere la traiettoria in volo. Il termine “ipersonico” si riferisce alla capacità di raggiungere velocità superiori a Mach 5 (oltre 6.100 km/h), ma il Fattah-1, sempre secondo quanto dichiarato dall’Iran, sarebbe in grado di toccare punte tra Mach 13 e Mach 15, pari a circa 15.000–18.500 km/h. In combinazione con una gittata stimata in 1.400 chilometri, ciò significa che un attacco lanciato dall’Iran potrebbe colpire il cuore di Israele in un tempo inferiore ai dieci minuti, con una finestra di reazione ridottissima per i sistemi di difesa.


La peculiarità di questa tecnologia risiede proprio nella velocità e nella capacità di manovra. Diversamente dai missili balistici tradizionali, che seguono traiettorie più prevedibili e sono quindi più facili da intercettare, i missili ipersonici sono difficilmente tracciabili e neutralizzabili in tempo utile, anche da sistemi avanzati come Iron Dome, David’s Sling o Arrow, i pilastri del sistema difensivo israeliano. Le autorità militari di Teheran hanno più volte affermato che il Fattah è “in grado di penetrare ogni tipo di sistema antimissilistico esistente”, grazie alla sua velocità estrema e alla manovrabilità laterale della testata, che sfugge ai calcoli predittivi su cui si basano gli intercettori.


Il Fattah-1 è frutto della collaborazione tra il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica e l’industria militare iraniana. Il missile è stato sviluppato con l’obiettivo strategico di rafforzare la deterrenza a lungo raggio del Paese, offrendo un’opzione credibile in uno scenario di escalation militare con Stati Uniti o Israele. L’annuncio della sua esistenza è stato accompagnato dalla presenza mediatica del leader supremo Ali Khamenei e del presidente Ebrahim Raisi, a conferma della rilevanza politica e simbolica attribuita al progetto.


La scelta del nome “Fattah”, che in arabo significa “colui che apre” o “vittorioso”, è essa stessa un messaggio rivolto tanto all’opinione pubblica interna quanto agli attori regionali. L’Iran vuole mostrare di essere in grado non solo di difendersi, ma anche di colpire in profondità in tempi rapidi, riducendo lo spazio per manovre preventive da parte dei nemici. L’esibizione pubblica del missile, montato su un grande camion lanciabile, ha rappresentato un messaggio di potenza rivolto sia all’esterno che all’interno del Paese, in un momento in cui le tensioni geopolitiche e le pressioni economiche si sommano a un crescente malcontento sociale.


Nonostante le dichiarazioni trionfali di Teheran, restano dubbi sulle reali capacità operative del Fattah-1. Le fonti occidentali, pur riconoscendo che l’Iran ha compiuto notevoli progressi nella tecnologia missilistica, sottolineano che la manovrabilità ipersonica richiede sistemi di guida e controllo sofisticatissimi, spesso difficili da sviluppare senza accesso diretto a tecnologie avanzate. La Russia e la Cina sono attualmente gli unici Paesi ad aver dimostrato in modo verificabile di possedere e aver impiegato missili ipersonici in contesti di guerra o test controllati. L’Iran, pur mostrando prototipi avanzati, non ha finora fornito prove concrete dell’efficacia del Fattah in condizioni di combattimento reali, né immagini indipendenti del suo impatto operativo.


Tuttavia, l’allarme è alto. In caso di conflitto aperto, anche una sola testata lanciata da un Fattah potrebbe colpire con precisione obiettivi sensibili, senza dare il tempo materiale per una reazione. La velocità con cui un missile del genere può raggiungere il bersaglio rende molto complesso l’intercetto con sistemi difensivi esistenti, poiché richiederebbe non solo radar più rapidi, ma anche missili intercettori in grado di operare a velocità estreme e con sistemi predittivi molto più sofisticati.


Nel contesto attuale, la possibilità che l’Iran possa disporre di un arsenale ipersonico funzionante costituisce una svolta negli equilibri strategici del Medio Oriente. Non solo Israele, ma anche le basi militari statunitensi nella regione potrebbero teoricamente rientrare nel raggio d’azione di questi ordigni. Per questo motivo, l’amministrazione americana ha già attivato consultazioni riservate con i vertici militari israeliani per valutare il livello di minaccia e aggiornare i sistemi di difesa. Anche l’Unione Europea, che si trova in una posizione intermedia tra sanzioni e diplomazia con Teheran, osserva con crescente preoccupazione l’evoluzione di un arsenale che diventa sempre più autonomo ed efficace, proprio mentre i negoziati sul nucleare sembrano definitivamente arenati.


La presentazione del Fattah-1 e il suo presunto impiego operativo rappresentano quindi una nuova fase della deterrenza iraniana. La possibilità che il missile possa realmente sfuggire agli attuali sistemi di difesa rischia di alimentare una corsa agli armamenti ancora più pericolosa, spingendo anche Israele a rafforzare la propria capacità di attacco preventivo. Le conseguenze potrebbero essere drammatiche in un’area già instabile, dove la tecnologia militare avanza più velocemente della diplomazia.

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