Gas, spread tra PSV e TTF raddoppiato: il caro energia penalizza la competitività delle imprese italiane
- piscitellidaniel
- 15 apr
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Il differenziale tra prezzi italiani e hub olandese torna a crescere
Nelle ultime settimane, lo spread tra il Punto di Scambio Virtuale (PSV), hub di riferimento per il mercato italiano del gas naturale, e il Title Transfer Facility (TTF) olandese, è salito fino a raggiungere i 4 euro al megawattora (€/MWh), raddoppiando rispetto alla media storica. Questo scostamento, che nei mesi precedenti si era attestato intorno ai 2 €/MWh, rappresenta un aggravio per il sistema produttivo italiano, costretto a pagare il gas più caro rispetto ad altri paesi europei.
Il ritorno a uno spread così marcato tra PSV e TTF riporta al centro del dibattito economico il tema dell’approvvigionamento energetico e delle condizioni strutturali del mercato italiano. Lo scostamento di prezzo rende evidente la debolezza della nostra infrastruttura di rete, la frammentazione della logistica del gas e la scarsa competitività di alcuni contratti di lungo periodo.
Le cause strutturali del differenziale
Il differenziale tra il prezzo italiano del gas e quello olandese è legato a una serie di fattori strutturali. In primo luogo, il nostro Paese dipende in larga misura dalle importazioni, con una rete di approvvigionamento che passa attraverso pipeline dall’Algeria, dalla Libia e, in misura minore, dalla Russia e dal Nord Europa. Inoltre, l’uso dei terminali GNL (gas naturale liquefatto) è diventato sempre più centrale, ma i costi logistici e la capacità di rigassificazione limitano la piena concorrenzialità del PSV.
Un ulteriore elemento critico riguarda la rigidità del mercato italiano rispetto alla flessibilità del TTF, dove la maggiore liquidità delle contrattazioni spot contribuisce a un migliore allineamento con l’andamento reale della domanda e dell’offerta. Il sistema nazionale, al contrario, risente ancora della scarsità di volumi scambiati e di una limitata trasparenza nelle dinamiche di formazione del prezzo.
Gli effetti economici sulle imprese italiane
L’aumento dello spread PSV-TTF ha un impatto diretto sulla bolletta energetica delle imprese, in particolare su quelle a maggiore intensità energetica. Industrie come siderurgia, vetro, carta, ceramica, chimica e agroalimentare si trovano a fronteggiare una crescente difficoltà nel mantenere margini operativi accettabili, dovendo sostenere costi superiori rispetto ai competitor esteri.
Nel solo comparto cartario, l’Italia, secondo produttore europeo, ha registrato un incremento delle importazioni del 10% rispetto al 2020, segno evidente che parte della domanda si sta spostando all’estero a causa dei costi interni non più sostenibili. Le imprese, di fronte a bollette energetiche fuori scala, sono costrette a ridurre la produzione, rinunciare a commesse o valutare la delocalizzazione.
Il rincaro dei costi energetici colpisce anche le PMI che non possono accedere a contratti di fornitura competitivi o adottare tecnologie di autoproduzione, ampliando la frattura tra imprese resilienti e settori in difficoltà. Si tratta di una situazione che rischia di compromettere la stabilità della manifattura italiana, colonna portante dell’export nazionale.
Le proposte delle imprese: dalla “Gas Release” all’autoproduzione
Diverse associazioni imprenditoriali hanno chiesto un intervento immediato del governo per calmierare i prezzi del gas e ridurre lo spread con l’Europa. Tra le proposte avanzate spicca la cosiddetta “Gas Release”, un meccanismo che prevede la messa a disposizione di quote di gas nazionale (estratto da Eni) a prezzi calmierati per le imprese energivore. Tuttavia, la realizzazione di questa misura è ancora ostacolata da vincoli tecnici, autorizzativi e politici, a cominciare dall’assenza di un quadro normativo stabile per l’aumento della produzione nazionale.
Accanto a questa misura, viene richiesta una riforma strutturale del mercato elettrico, che oggi lega i prezzi dell’energia elettrica a quelli del gas, anche quando una quota crescente dell’elettricità è prodotta da fonti rinnovabili. La separazione dei due mercati, richiesta anche a livello europeo, consentirebbe di evitare che i rincari del gas si trasferiscano meccanicamente anche sull’elettricità.
Infine, le imprese auspicano una maggiore incentivazione dell’autoproduzione da fonti rinnovabili, attraverso semplificazioni normative, accesso al credito agevolato e sostegni agli investimenti in impianti fotovoltaici, cogenerativi e a biometano. Questa strategia, se ben strutturata, consentirebbe di ridurre la dipendenza dalle fonti fossili importate e di stabilizzare i costi energetici nel medio-lungo periodo.
Un problema di competitività sistemica
Il differenziale tra PSV e TTF va interpretato come un indicatore strutturale della debolezza del sistema energetico italiano. Non si tratta di una semplice questione tecnica o congiunturale, ma di un tema di competitività sistemica che tocca le fondamenta della politica industriale del Paese.
Il rischio è che l’Italia perda attrattività per gli investitori, subisca una riduzione del valore aggiunto prodotto internamente e si trovi in posizione sempre più marginale nei processi globali di produzione e scambio. Le scelte che verranno adottate nei prossimi mesi, sia a livello nazionale che europeo, determineranno se l’Italia sarà in grado di affrontare questa sfida o resterà prigioniera di una struttura energetica inefficiente e penalizzante per l’economia reale.
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