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Dimon avverte i mercati: l’impatto dei dazi è sottovalutato e il rischio di correzione resta alto

Jamie Dimon, amministratore delegato di JPMorgan Chase, ha lanciato un chiaro monito al mondo finanziario internazionale: gli effetti delle politiche protezionistiche adottate dagli Stati Uniti, in particolare i dazi commerciali, non si sono ancora manifestati nella loro interezza e i mercati stanno commettendo un grave errore nel sottovalutarne la portata. Durante l’incontro annuale con gli azionisti e gli investitori a New York, il numero uno della più grande banca americana ha delineato un quadro di rischio crescente per l’economia globale e per gli equilibri del sistema finanziario, aggravato da una eccessiva fiducia da parte degli operatori.


Secondo Dimon, i mercati stanno mostrando segnali di eccessivo ottimismo, ignorando le conseguenze cumulative delle tariffe doganali ancora in vigore. Anche se gli scontri commerciali tra Stati Uniti e Cina si sono temporaneamente placati, le misure restrittive imposte negli ultimi anni continuano a produrre effetti distorsivi sulle catene di approvvigionamento, sui costi industriali e sulle scelte di investimento delle imprese. A suo giudizio, l’intero sistema economico occidentale si trova su un crinale pericoloso: la combinazione di dazi, instabilità geopolitica e alti tassi di interesse potrebbe condurre a una correzione dei mercati azionari pari almeno al 10%.


Dimon ha richiamato l’attenzione sul fatto che molte aziende statunitensi stanno già registrando difficoltà. Grandi società come General Motors, JetBlue, Volvo e Walmart hanno recentemente modificato o ritirato le loro guidance sugli utili a causa dell’incertezza economica, dell’incremento dei costi di produzione e dei problemi nella logistica globale. In particolare, Walmart ha annunciato una serie di rincari sui beni di consumo quotidiano, attribuendo direttamente ai dazi il rialzo dei prezzi. Un chiaro segnale, secondo il CEO di JPMorgan, che gli effetti della politica commerciale protezionistica stanno iniziando a colpire direttamente le famiglie americane.


Un altro aspetto critico evidenziato da Dimon riguarda il pericolo di un credit crunch. Con i tassi d’interesse elevati imposti dalle banche centrali per contenere l’inflazione, molte aziende che in passato si affidavano a finanziamenti facili e a basso costo si trovano ora esposte a condizioni creditizie molto più rigide. Questo contesto potrebbe portare a una riduzione degli investimenti, a una contrazione dell’occupazione e, nei casi più gravi, a ondate di default tra le imprese più indebitate.


Il capo di JPMorgan ha poi allargato la riflessione all’ambito geopolitico, sottolineando come la credibilità internazionale degli Stati Uniti potrebbe subire un colpo a causa di una politica commerciale percepita come imprevedibile e aggressiva. Le alleanze economiche e militari su cui si è costruita la leadership statunitense nel dopoguerra sono messe alla prova da un approccio unilaterale che rischia di minare la fiducia tra partner storici. Dimon ha ammonito che l’indebolimento del ruolo degli Stati Uniti come guida globale dell’economia potrebbe avere effetti sistemici nel medio e lungo periodo, a partire da una riduzione dell’afflusso di capitali internazionali e da una perdita di influenza nei consessi multilaterali.


Nonostante un momentaneo allentamento delle tensioni con Pechino, Dimon ha ribadito che non bisogna abbassare la guardia. Le attuali condizioni macroeconomiche, già provate da un contesto inflazionistico persistente e da un debito pubblico in forte crescita, potrebbero rapidamente peggiorare nel caso di un’escalation commerciale o di un ritorno di misure tariffarie più aggressive. Per questo, il banchiere ha invocato un ritorno a una politica commerciale coordinata, multilaterale e basata sul dialogo, con l’obiettivo di costruire un quadro normativo stabile e prevedibile per gli scambi globali.


A chi gli chiedeva se una recessione fosse ancora un rischio reale, Dimon ha risposto in modo netto: "Non è scontata, ma è una possibilità concreta". Il fatto che alcuni analisti abbiano rivisto al ribasso le probabilità di una crisi non significa che i fattori di rischio siano venuti meno. Al contrario, secondo Dimon, l’interazione tra tariffe, inflazione, politica monetaria restrittiva e instabilità geopolitica potrebbe creare un mix esplosivo in grado di mettere in crisi anche i sistemi più solidi.


In questo scenario, Dimon ha invitato gli investitori a mantenere un atteggiamento prudente, preparandosi a possibili scossoni e rivalutando le strategie troppo esposte al rischio sistemico. L’era della liquidità abbondante e dei rendimenti facili potrebbe essere giunta al termine, sostituita da un nuovo ciclo economico dove la gestione del rischio tornerà al centro dell’attenzione. Le parole di Dimon, seppure non nuove nella sostanza, giungono in un momento particolarmente delicato per l’economia globale e trovano eco in una crescente preoccupazione anche tra altri grandi attori del settore finanziario.

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