La Cassazione, con sentenza n. 29472 del 10 ottobre 2022, si è pronunciata sulla ricorrenza dei requisiti di fallibilità di cui all’art. 1, comma 2, l. fall.
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso, presentato dal legale rappresentante di una s.r.l. dichiarata fallita, non fondato in ragione dell’indebita sovrapposizione attuata dal ricorrente tra il requisito di fallibilità di cui all’art. 1, comma 2, lett. c), l. fall. e la diversa condizione di cui all’art. 15, ult. comma, l. fall., secondo cui non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dall’istruttoria fallimentare è complessivamente inferiore ad Euro 30.000,00.
Ad avviso della Corte di Cassazione, la condizione di cui all’art. 15, ult. co., l. fall. deve infatti essere accertata, per espressa indicazione normativa, “con riguardo al complesso dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare, dovendosi, invece, escludere ogni rilievo rispetto a quelli successivamente accertati in sede di verifica dello stato passivo”.
Diversamente, la ricorrenza dei requisiti di fallibilità di cui all’art. 1, comma 2, l. fall. “deve essere invece valutata con riferimento alla situazione esistente alla data del fallimento, ma la relativa prova ben può essere tratta, in sede di reclamo (nel corso del quale il collegio dell’impugnazione può assumere «anche d’ufficio, nel rispetto del contraddittorio, tutti i mezzi istruttori che ritiene necessari», nel senso stabilito dall’art. 18, comma 10, l. fall.) da fatti anteriormente verificatisi ma emersi posteriormente all’emissione della sentenza dichiarativa”.
Conseguentemente, stabilisce la Corte, i giudici di merito possono legittimamente accertare l’ammontare dell’indebitamento della società fallita alla data di dichiarazione di insolvenza sulla scorta della relazione ex art. 33 l. fall. e delle risultanze dello stato passivo.
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